La scuola, fra tutte le istituzioni, ha tra gli altri il compito di educare i giovani alla socialità, al vivere insieme, al riconoscere l’altro. “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” diceva Dante rivolto ai fiorentini. E fra le conoscenze quella dell’altro, dei suoi diritti, oltre che dei nostri, dovrebbe essere implicita e far parte del bagaglio culturale di ogni studente ed essere obiettivo didattico primario di ogni docente. Ma gli altri vengono spesso dimenticati, sacrificati al nostro tornaconto, ridotti a presenza incidentale, come dimostra un volantino comparso in questi giorni a Tortolì. È firmato dagli studenti e dai docenti dell’Itc e dei licei classico e scientifico e il tema, neanche a dirlo, è la riorganizzazione delle scuole superiori. Loro (i liceali) si definiscono rondini, che hanno costruito pazientemente i loro nidi e che rischiano di essere scacciate dai passeri arroganti e prepotenti. Il passero colpevole di questo delitto sarebbe la Provincia che si accingerebbe a scacciarli, ma i passeri veri, evocati e mai nominati, sono gli studenti dell’alberghiero che, ipso facto, si accingerebbero a occupare il loro nido. Dimenticano gli autori del volantino, che le scuole sono state costruite con i soldi di tutti, che tutti ne siamo padroni e la vera sciagura è usarle male, come avviene adesso. L’edificio dell’Itc è occupato per poco più della metà dei suoi spazi e quello delle industriali ancora meno. Decine di aule inutilizzate, o pseudo utilizzate, ma trattate come fossero cosa propria, mentre la collettività è costretta a pagare affitti salatissimi per la sede dell’alberghiero. Si trasforma, con questo volantino, un problema logistico e organizzativo, in una guerra di campanile, per cui gli arroganti assessori provinciali di Lanusei e Villagrande vorrebbero decidere del futuro di Tortolì, e per difendere il proprio “orto” si chiama in causa la stessa amministrazione comunale, che sarebbe stata espropriata delle sue prerogative, e se ne auspica l’intervento. Non siamo mai stati teneri con la Provincia ne abbiamo criticato i troppi errori e l’assenteismo, ma proprio per questo sappiamo riconoscere quando questo Ente compie il proprio dovere. L’aver sbagliato in passato non è una motivazione sufficiente per impedirle di agire oggi, se il fine è giusto e nell’interesse della collettività. È un momento difficile quello che stiamo attraversando, da cui si può uscire solo col contributo di tutti con la rinuncia di ognuno a qualche piccola rendita di posizione. Tornando alle metafore green, chi dice “Sì, ma non nel mio giardino”, come scrivevamo tempo fa, non ha nessuna intenzione di dare il suo contributo.
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